Dal libro "From Outer Space to you":VIAGGIO VERSO LA LUNA
In Settembre incontrai lo stesso uomo al "Beseckers Diner". Il nostro incontro era stato stabilito con una telefonata. Questa volta era solo. Dopo il caffè partimmo con la mia auto e viaggiammo fino al terreno da dove eravamo partiti la volta precedente."Ebbene, Howard - mi annunciò il mio amico, mentre ci avvicinavamo al luogo - Questa volta penso che ci poseremo sulla Luna. Se accadrà sarà per te un'esperienza sensazionale!"Un'astronave ci aspettava. Quando entrammo, fui nuovamente sorpreso perché vidi delle persone che io e i membri del mio Gruppo del Giovedì, conoscevamo personalmente. Uno di loro, un uomo anziano, non era membro di alcuno dei nostri Gruppi, ma era un uomo molto ammirato nella sua Regione. Sapevo che una o più volte nella sua vita era stato perseguitato da gruppi ortodossi conformisti. Fui talmente emozionato rivedendo questo vecchio amico, che mi sciolsi letteralmente in lacrime. Mi salutò con molta affabilità e ci stringemmo la mano. Poi l'astronave decollò; destinazione: LUNA. Questa volta eravamo solo sei a bordo: un uomo dello spazio davanti al pannello di controllo; un altro, che sarebbe stato il nostro istruttore, al tavolo 1, e quattro uomini della Terra.L'uomo al quadro di controllo cominciò a parlarci con un leggero accento, attraverso un potente altoparlante:"Amici miei, questo viaggio sarà più lungo dei precedenti. Subirete un trattamento che cambierà completamente il vostro organismo fisico a livello atomico. Ogni atomo del vostro corpo fisico subirà un processo e cambierà la sua polarità e la sua frequenza vibratoria, in modo che queste quadrino con quelle della Luna. Questo comincerà all'incirca ad una settimana e mezza del vostro tempo terrestre. Non allarmatevi per gli effetti iniziali. Il vostro corpo non subirà danni. Ora non togliete lo sguardo dallo schermo televisivo."Guardammo lo schermo e vedemmo la Terra diminuire rapidissimamente di volume mentre ce ne allontanavamo a forte velocità. La voce ci rassicurò nuovamente:"Non vi allarmate. Ricordatevi che non siamo altro che delle espressioni o proiezioni di una realtà che, in fondo, non esiste. State per subire una trasformazione atomica affinché vi adattiate alla Luna. Questo processo continuerà mentre orbiteremo attorno alla Luna e corrisponderà ad una settimana e mezza del vostro tempo."Le luci si attenuarono e furono rimpiazzate da una fioca luce giallastra che riempì tutta la sala. Poi la luce si riaccese e sentii una strana sensazione. Per qualche secondo ebbi l'impressione di respirare a fatica, ma poi la respirazione divenne sempre più facile. Le mie sensazioni fisiche e mentali sono difficili da descrivere; avevo la sensazione di pensare in modo più chiaro, di meglio disporre le idee e di arrivare più rapidamente a delle conclusioni. I miei sensi sembravano stimolati. I colori diventavano più intensi; il mio odorato divenne più sensibile, a tal punto che mi ricordo di aver sentito la mia traspirazione e quella dei miei compagni. Il mio senso del tatto doveva essere aumentato perché sentivo il sedile sotto di me in modo più distinto, ma questo non mi dava fastidio. L'uomo davanti al pannello di controllo ci ridisse che il processo era in corso e che proseguiva. L'istruttore che era seduto con noi vide uno di noi soffocare uno sbadiglio.Rise e disse che era venuta l'ora di andare a letto. Oltrepassammo una porta e fummo guidati verso delle cabine. In ognuna c'erano tre letti a castello, come le cuccette. Una fu assegnata al mio vecchio amico, una a me e la terza ad un altro. Dissi loro: "Ebbene, potremmo anche provarle!" Salii sulla cuccetta superiore e mi allungai. Il mio vecchio amico si stese sulla cuccetta inferiore e dovette sentire la morbidezza di quello che doveva essere un materasso: " Ahhh! - esclamò - Questo sì che è veramente qualcosa!" Tolsi la giacca e i pantaloni e li sospesi ad una specie di patera nella parete. Misi le scarpe su una specie di sponda. Il mio letto non sembrava estremamente morbido e non era più grande di me. Posai la testa su un cuscino molle e piatto, tirai a me l'unica coperta, leggera e calda. Nonostante l'eccitazione della giornata mi addormentai rapidamente. Fummo svegliati da qualcuno che bussava delicatamente alla porta scorrevole della cabina. Era il nostro istruttore che ci annunciava che era arrivata l'ora di alzarsi. Guardai l'orologio e vidi che avevamo dormito solo quattro ore; tuttavia mi sentivo riposato e disteso come se avessi dormito otto ore.
Infine giunse il momento tanto atteso. Attraverso l'altoparlante, l'uomo che era davanti al pannello di controllo c’informò che ci stavamo preparando per atterrare sulla Luna. Mi fece segno di avvicinarmi, aprì un cassetto e mi tese un oggetto metallico che conteneva dei filtri colorati. "Tieni un filtro davanti all'obiettivo della tua macchina fotografica, quando fai le foto", mi disse. Ne dedussi che dovevo fare delle foto. Così presi la mia macchina fotografica e cominciai a prendere foto attraverso gli oblò. Riuscii a fare una foto eccezionalmente buona che mostrava delle formazioni nuvolose e l'atmosfera che circondava la Luna. Mentre ci avvicinavamo alla superficie lunare le mie foto non furono più così buone. Vidi che ci avvicinavamo ad un enorme edificio a forma di cupola, avente circa 45 metri di diametro e forse 15 metri d’altezza. Potevo vedere le luci colorate brillare attraverso le sue pareti traslucide. Mentre ci avvicinavamo all'edificio e preparandoci per atterrare, notai un’infrastruttura in materiale solido e bianco sulla quale si appoggiava l'edificio a forma di cupola. La bellezza di quest’adorabile edificio iridescente mi conquistò all'istante. Mentre atterravamo, vidi che scivolavamo attraverso una pista piatta color rame verso una vasta apertura nella parete bassa della costruzione. La porta dell'astronave si aprì.Camminammo su una superficie di cemento che scendeva e che portava nel sottosuolo della costruzione che sembrava un immenso hangar per astronavi. Scale meccaniche ci portarono ai piani superiori; penso che fossero almeno due al disopra del pianterreno. Fummo guidati in un’immensa sala d'ingresso dove c'erano delle piante in vaso e dei fiori lungo le pareti, poco lontani dai sedili. Bassorilievi scolpiti decoravano i muri. Fanciulle graziose, in vesti fluttuanti e dai colori pastello, ci vennero incontro sorridendo e ci offrirono delle bibite fresche. Prendemmo le bibite e ci sedemmo su un divano circolare, davanti ad uno schermo televisivo. Molti televisori erano in funzione, senza suono; se qualcuno voleva ascoltare uno di questi, non aveva che da premere il pulsante appropriato. Gli schermi sembravano trasmettere dei programmi regolari d’altri pianeti; alcuni erano educativi mentre altri sembravano destinati solo al piacere. Le ragazze ci spiegarono che stavamo aspettando le nostre guide, le quali apparvero molto presto. Mi dissero che dovevo separarmi dai miei compagni, i quali si sarebbero uniti ad un gruppo diverso dal mio. Seguii il gruppo al quale ero stato assegnato.
Ci condussero a quello che pensavo fosse un ascensore. Una delle nostre guide premette un pulsante ed io pensai che ci saremmo trasferiti ad un altro piano. Con mia sorpresa la porta si aprì su un corridoio che ci condusse fino ad un veicolo che sembrava un treno. Questo treno era costituito da 10 o 15 piattaforme ricoperte da cupole in materia plastica. Ogni piattaforma doveva avere la lunghezza di almeno 15 metri. Questo strano veicolo non aveva ruote e restava sospeso ad almeno 30 centimetri dalla pista di rame che attraversava il terreno. Salimmo in questo treno e subito scivolammo senza rumore al disopra della pista. Mentre avanzavamo, potevamo vedere tutt'intorno e al disopra di noi. Se scrivo un altro libro, forse in quel momento potrò descrivere la mia visita nei dettagli. Ci vorrebbero centinaia di pagine. Per ora ne scriverò solo un breve riassunto. Avevamo l'impressione di seguire un itinerario per visitatori. Inizialmente vedemmo molte costruzioni. Poi lasciammo la città. Scavalcammo montagne, attraversammo vallate, visitammo installazioni sotterranee; quasi ad ogni secondo la gente emetteva degli Ooh e degli Aah! di meraviglia, ogni volta che una nuova visione si presentava ai nostri occhi, lasciandoci senza fiato. Alcuni punti del terreno, in una regione della Luna vicina alla faccia detta invisibile, mi ricordavano le regioni di Flagstaff, in Arizona, mentre altre regioni deserte mi facevano pensare al Nevada. Immense coste ed enormi montagne facevano sembrare le nostre a delle colline nane. Un certo deserto locale evocava la Valle del Fuoco nel nostro Nevada. Ci fermammo sul posto abbastanza a lungo affinché la nostra guida potesse aprire la porta per permettere ad ognuno di noi di mettere la testa fuori lo spazio un momento, ed era tutto quello che potevamo fare perché l'aria all'esterno era terribilmente infuocata, come l'aria di una fornace. Sono certo che nessuno di noi avrebbe potuto vivere a lungo all’esterno. Fui contento quando la guida chiuse la porta. Un istante dopo vedemmo un oggetto enorme a forma di palla di fucile, smantellato, che usciva dalla sabbia dove era conficcato, testimone silenzioso degli sforzi pietosi fatti dall'uomo per attraversare lo spazio con dei veicoli mossi da una forza brutale. La nostra guida confermò che rappresentava un coraggioso tentativo di qualche pianeta sconosciuto e ci parlò, con gran rispetto, di coloro che lui chiamava "uomini intrepidi di un mondo lontano". Apparentemente questo mezzo era il secondo stadio di un razzo ben più importante. Ne presunsi che all'estremità dell'oggetto, che era formato da quattro sfere, avessero alloggiato degli uomini e che questo avrebbe dovuto separarsi dal secondo stadio per atterrare. Qualcosa però non aveva funzionato ed era rimasto attaccato al razzo. Sempre senza fare il nome del pianeta d'origine, la nostra guida aggiunse che il razzo si era schiantato nella fornace del deserto nel corso dell'anno 1944. Infine arrivammo ad un altro grande edificio a forma di cupola dove ci fermammo e dove la nostra guida ci disse che potevamo uscire sulla superficie della Luna e respirare la sua aria, senza difficoltà o quasi. Questo fece piacere al nostro gruppo; le nostre gambe avevano bisogno d’esercizio. La mia prima impressione fu di trovarmi in pieno deserto. L'aria era calda e secca. Potevo vedere il vento tracciare piccoli canali nel suolo e lanciare in aria particelle di polvere che formavano dei piccoli mulinelli. Contemplai il cielo. Era di colore giallastro. Quando lo guardai, ebbi l'impressione che se avanzavo anche solo per un breve tratto, sarei caduto, perché l'orizzonte sembrava più vicino. In lontananza potevamo vedere le cime frastagliate delle alte montagne stagliarsi contro un cielo color zafferano. Sotto i nostri piedi, il suolo era come sabbia polverosa di un bianco giallastro e disseminato di sassi, di rocce e di qualche minuta piantina. A parte la sua selvaggia bellezza, il paesaggio, da questo lato della Luna, aveva un’aria di desolazione difficile da descrivere. Mi ricordo d’essermi rammaricato che il razzo visto poc'anzi non avesse cercato di atterrare sull'altra faccia della Luna, dove l'equipaggio avrebbe, forse, avuto più possibilità di sopravvivenza. Fummo di nuovo separati in gruppi più piccoli secondo la lingua e ad ogni gruppo fu assegnata una guida che parlava la stessa lingua. Il mio gruppo era formato da gente ordinaria, da scienziati, da geologi, da ingegneri elettronici, da specialisti in missilistica (ne conoscevo uno personalmente), d’astronomi (ne conoscevo uno anche di questi) e d’altra gente istruita. Negli altri gruppi avevo visto dei russi, dei giapponesi, dei tedeschi e gente d’altre Nazioni. Malgrado la diversità delle lingue ci sentivamo tutti fraternamente uniti. I caldi sorrisi e le cordiali strette di mano abbondavano quando non c'erano possibilità vocali di comunicazione. Siccome ero un osservatore ordinario ed inesperto, non fui invitato a vedere le cose che i tecnici ebbero modo di visitare; in ogni modo i dettagli tecnici avrebbero oltrepassato il livello della mia educazione scientifica. A tutti furono mostrati degli strumenti musicali, dei campionari d'arte e d'architettura e altre cose interessanti. Infatti, uno degli edifici era adibito ad esposizione interplanetaria, dove ogni pianeta era rappresentato da qualche contribuzione artistica, tecnologica, ecc. Ci mostrarono anche le loro tecniche avanzate d’orticoltura e in un luogo vidi dei fiori e delle piante che crescevano in lunghe vasche piene di una sostanza simile alla gelatina. Ci mostrarono come i loro abiti fossero ripuliti grazie ad onde d’alta frequenza. In un altro locale ci mostrarono dei vassoi coperti di pietre preziose squisitamente tagliate; avemmo il diritto di toccarle. Vedemmo tali e tante cose da far vacillare l'immaginazione. La nostra meraviglia doveva essere paragonabile a quella di un aborigeno d'Australia in visita per la prima volta a New York. Dopo quattro giorni di delizie lunari i nostri amici dello spazio c’invitarono ad un pranzo gigantesco che ci riempì talmente di felicità che mi domandavo se quello che vedevo e che sentivo non era solo un bel sogno. Ma avevo potuto scattare delle foto che provavano il mio viaggio; avevo potuto fotografare gli edifici a forma di cupola, l’astronave e qualche montagna. Non so il perché, ma non mi fu mai permesso di fotografare i dettagli della superficie, le persone, le loro installazioni meccaniche, ecc. Il pranzo fu seguito dalla nostra partenza. Nell'astronave, il periodo di rientro ci sembrò, come sempre, troppo breve. Fummo rapidamente di ritorno. Sbarcammo nel campo dal quale eravamo partiti. Mentre rientravo, a bordo della mia auto, mi chiedevo se il temporale che avevamo visto formarsi sullo schermo della televisione al disopra del Pacifico del Sud sarebbe diventato un vero temporale o se, al contrario, si sarebbe dissolto prima di giungere al livello inferiore dell'atmosfera.
tratto dal libro: "Il sogno di arrivare sulla Luna" di Costantino Paglialunga
Fonte: Edicolaweb
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