16 luglio 2010

IL FRAMMENTO DEL DR. WOLF

Attualmente sul libro paga della NSA, apparentemente in contatto con uno speciale telefono criptato con il Presidente degli States, Wolf ha rilasciato dichiarazioni bomba sulla questione delle Interferenze Aliene sul nostro Pianeta, aggiungendo però un "omaggio della ditta". Un pezzo di materiale, traghettato dagli inviati di questo giornale dall’America. Di cosa si tratta? I primi dati, riportati qui di seguito, sono stati ottenuti con l’ausilio di due nostri esperti, L. Pederzoli ed R. Segamiglia, che si sono occupati sia delle prime importanti analisi, sia di costruire un apposito congegno per effettuare le microfotografie del reperto. Grazie alla collaborazione di esperti del settore metallurgico abbiamo subito stabilito che si doveva trattare di silicio, ma al di là delle prime osservazioni non si andava, pur non ottenendo alcuna indicazione di come i singoli atomi di silicio, la struttura cristallina avesse potuto ridursi in un tale stato di apparente disordine. Non eravamo in presenza di un superconduttore, anzi, gli atomi erano posti in modo estremamente disordinato. Inoltre facevano bella presenza di sé alcuni microfori, del diametro nell’ordine di frazioni di millimetro, ma lunghi a volte qualche centimetro, che caratterizzavano la struttura interna dell’oggetto. Qualcuno inizialmente aveva ipotizzato si potesse trattare di silicio sinterizzato, ma questo non accontentava altri esperti e, al termine di profonde e lunghe discussioni, l’impressione era quella di trovarsi di fronte a degli aggregati di atomi di silicio, il cui disordine era stato prodotto da alte temperature, che avevano portato il materiale ad una rapida ebollizione seguita da un altrettanto rapido raffreddamento. Si tenga conto che per far bollire il silicio ci vogliono ben 3.300 gradi Kelvin. Mentre non si poteva dire nulla sulla cristallinità del campione prima di questo shock termico, si poteva chiaramente asserire che qualcosa aveva scaldato fortemente il campione fino a farlo bollire.
I microfori, presenti nella struttura del campione, infatti, venivano attribuiti a bolle di gas silicio che, a causa di fenomeni di pressione interna dovuta alla tensione di vapore del metallo surriscaldato, venivano proiettate fuori della massa metallica stessa. L’osservazione che i fori nel metallo occupassero posizioni abbastanza simmetriche ed ordinate tra loro poteva essere razionalizzata, in via puramente ipotetica, con l’attribuzione alla struttura cristallina del silicio, prima del riscaldamento, di un buon ordine atomico.
Chi ha analizzato il reperto non conosceva l’origine di tale campione, ma se dobbiamo dar retta ad un articolo di Richard Boylan del 1998, ripreso dalla rivista Nexus (n° 18, pag. 47) dove l’autore intervistava Wolf, si accenna ad un pezzo di silicio, proveniente da un UFO crash, che lo stesso Wolf avrebbe avuto fra le mani, durante uno dei suoi lavori per conto della NSA. Tale silicio sarebbe stato puro al 99.99% con una percentuale isotopica che si diversificava da quella terrestre per lo 0.01%. Tale percentuale risultava dunque estremamente simile a quella terrestre perché potesse essere evidenziata dalle moderne tecniche di spettrometria di massa a struttura fine.
Dunque ci trovavamo di fronte ad una dichiarazione del rivelatore che diceva di un pezzo di silicio appartenente ad un UFO crash e dall’altra parte, senza alcun apparente collegamento, avevamo un pezzo di silicio, proveniente dalla stessa fonte rivelatrice, che aveva subito un rapido passaggio di stato fisico giungendo a temperature superiori a 3.300 Kelvin.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a congruenze: non siamo ancora in grado di rispondere alla domanda se Wolf dice la verità e tutta la verità, ma questi ultimi dati giocano, secondo noi, sicuramente a favore della sua credibilità. Le indagini continuano.
Prima di andare in stampa, l’ingegner Pederzoli ha precisato che il frammento non è composto solo da Silicio, ma possiede una bassa percentuale di altri elementi. Con un’apparecchiatura studiata e progettata ad hoc sono stati fotografati alcuni piccoli scintillii color oro che devono ancora essere identificati nella natura. Due di queste foto vengono qui presentate. Intanto, i tecnici stanno approntando altre apparecchiature in grado di perfezionare la resa fotografica all’interno dei microfori che il materiale presenta.


Dimensioni: 29,7mm x 19,7mm x 7,8mm.
Massa: 4,045 +/-0,01g.
Densità: 2,14 +/-0,05g/cm3.
Aspetto (foto da A01 ad A09) simile a quello del silicio, il quale ha densità 2,34g/cm3 e temperatura di fusione 1410 °C.
Cattivo conduttore di calore.
Cattivo conduttore di elettricità.
Amagnetico.
Non radioattivo (non altera la lettura del contatore Geiger rispetto alla radiazione di fondo ambientale).
Non presenta emissione secondaria se sottoposto a campi elettromagnetici di frequenza compresa tra 100KHz ed 1GHz.
Non emette fluorescenza se illuminato con luce di Wood (UV vicino), né con laser He-Ne (rosso, visibile), né con LED di potenza a 0,9 ?m (IR vicino).
Rivela perdite dielettriche sufficienti a riscaldarlo sensibilmente, se sottoposto per 10 secondi al campo elettromagnetico di un generatore da 1KW a 2,45GHz.
L’aspetto esterno è tipico di una frattura superficiale con granulometria irregolare e con cristalli di media grandezza, dovuta a solidificazione.
I fori e le cavità visibili in superficie non sono dovuti a lavorazione, ma molto probabilmente a sviluppo di bolle di gas allo stato fuso.
Sottoposto a molatura, il materiale si rivela duro da lavorare e, un volta lisciato, presenta un aspetto speculare, mettendo in evidenza microfratture e diversi vacuoli di dimensioni variabili, diffusi in tutto lo spessore.
Durante la prova di durezza, effettuata sulla superficie in precedenza spianata e lucidata, il penetratore provoca la rottura del reperto in molti pezzi (foto da B1 a B4) al raggiungimento di una forza di compressione pari a circa 80N, senza penetrazione apprezzabile (ci si attendeva di non averne prima dei 300N). Ciò indica che il materiale è duro e molto fragile, come è confermato dal modo e dal tipo della rottura, ad un esame macroscopico caratterizzata da granulometria irregolare con cristalli di media grandezza ed uguale a quella già riscontrata sulla superficie esterna. Su tutte le superfici di rottura, interne ed esterne, si nota la presenza di vacuoli, dei quali alcuni lunghi diversi millimetri, ad andamento rettilineo e di forma cilindrica. I vacuoli denotano sviluppo di gas, per effervescenza di impurità in esso contenute, oppure ebollizione di tutta la massa del reperto, mentre questo era allo stato fuso.
Dopo inclusione in resina epossidica, uno dei frammenti viene lucidato e sottoposto ad attacco chimico per metterne in rilievo la struttura cristallina: gli acidi cloridrico e nitrico puri, da soli o miscelati, non sono in grado di attaccare la superficie, neppure se portati all’ebollizione. Per effettuare un attacco efficace occorre idrossido di potassio (KOH) in soluzione concentrata e portata all’ebollizione per almeno 10 minuti.
Al microscopio (foto da C01 a C08) appaiono diverse strutture globulari ed alcune lamellari, zone non attaccate e presenza di inclusioni (probabilmente cristalline) di vario tipo, che denotano un fenomeno tumultuoso in presenza di inquinanti, esterni od interni.

Luciano Pederzoli
Firenze, Maggio 1999

Agosto 1998. Ne! corso della loro visita a Michael Wolf, nella sua abitazione in Connecticut, lo scienziato mostrava a Paola Harris e Adriano Forgione alcuni frammenti, apparentemente metallici, a suo dire di origine extraterrestre. Per aspetto e leggerezza i campioni avevano subito ricordato ai nostri corrispondenti il presunto frammento del crash di Roswell, presentato da Derrel Sims al 4° Simposio di San Marino nel Giugno 1996. Alla domanda "da dove provengono?" Wolf aveva risposto che gli erano stati consegnati da una fonte interna. Consegnava loro quindi tre frammenti (uno poi spedito a Bill Hamilton), da portare in Italia per le opportune analisi.
Una curiosità: di ritorno dal Connecticut verso il Colorado, Forgione attraversava due metal detector aeroportuali che non rilevavano né la grossa fibbia della sua cintura né i frammenti in questione, riposti in una custodia per pellicole fotografiche 35 millimetri nella sua tasca, mentre sia nel viaggio di andata, in tre occasioni, che in quello di ritorno dagli States, la stessa fibbia aveva causato l'allarme dalle apparecchiature di rilevamento dei metalli. Una volta in Italia, la Direzione Editoriale di questa rivista decideva di portare avanti un'analisi approfondita, prima di diramare qualsiasi notizia. Veniva pertanto consegnato il primo frammento, piuttosto consistente, al dottor Corrado Malanga, del dipartimento di Chimica dell'Università di Pisa. L'altro, più piccolo, veniva consegnato da Forgione, tramite l'ufologo abruzzese Pino Morelli, ad un laboratorio specializzato nella progettazione di semiconduttori ad alta tecnologia. Quest'ultimo frammento, in particolare, presenta una faccia perfettamente liscia, proprio come il frammento di Sims, segno di una probabile artificialità. Oggi disponiamo di alcune interessanti risposte preliminari, capaci non solo di conferire ulteriore credibilità al dottor Wolf, ma anche alla nuova ufologia italiana che si avvale di riscontri diretti e di forti contatti internazionali. Prova se siano quelli con Sims e Bill Hamilton, i quali negli USA stanno analizzando altri frammenti della medesima provenienza, e quelli con il tedesco Michael Hesemann, anch'egli in possesso di un frammento. Diverso il discorso per l'israeliano Barry Chamish, che dispone di un campione rinvenuto nella traccia al suolo dell'atterraggio di Kadima. Le analisi condotte sul campione di Kadima sembrano fornire i medesimi risultati. Wolf dichiarò che il 99.99% di quel materiale è silicio puro, il restante 0.01% è un isotopo non terrestre. I risultati ottenuti da Chamish sembrano coincidere, sebbene con terminologie diverse da quelle di Wolf, ed egualmente simili i risultati delle analisi di Hesemann, coinvolto nella questione da Paola Harris. Il verdetto dei nostri test è atteso in USA. Abbiamo in programma altre analisi, con metodi anche non esclusivamente scientifici.
Questo è solo l'inizio di una ricerca che potrebbe rivelarsi straordinaria.


I due frammenti consegnati dal dottor Wolf a Paola Harris ed Adriano Forgione e destinati alle nostre analisi


Due immagini riprese con un'apparecchiatura ottico-microscopica realizzata per fotografare il campione

tratto da: Fratellidiluce.it

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