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23 marzo 2012

JOHN E. MACK: RAPIMENTI E REALTA' LOCALI

Quello che andrete a leggere è un articolo pienamente condivisibile per quanto mi riguarda, a firma di Antonio Bruno. Negli addotti, per via della loro esperienza secondo il compianto professore e dottor John E. Mack, si innesca e si scatena il risveglio di una apertura di coscienza e spirituale, e l'espansione della consapevolezza.. cose che l'ordinario umano ha perduto. Annalisa.

John E.Mack, professore di psichiatria alla Medical School del Cambridge Hospital, nonché direttore del "Centro per il Cambiamento psicologico e sociologico", nel suo libro "Rapiti", edito in Italia dalla Mondadori nel 1995, cita una interessante considerazione del Dalai Lama laddove, una volta, affermò che "la devastazione subita dall'ambiente naturale non solo sta danneggiando l'habitat delle piante e degli animali ma anche il territorio dove vi sono gli spiriti."

"Forse - continua Mack - non è rimasta loro che la scelta di manifestarsi nel nostro mondo, di rivelarsi usando il solo linguaggio che ci è rimasto, quello del mondo fisico. Nel contesto della crisi del pianeta non hanno avuto altra scelta, se non trovare una strada, anche se difficile, per manifestarsi a noi. Forse la nostra coscienza si è così atrofizzata da non permetterci, da soli, di aprirci al mondo spirituale..."

È curioso considerare come queste parole di Mack siano contenute nelle pagine terminali del suo libro, quasi che tutto quanto esso contiene, (resoconti ed esami dettagliati dell'excursus riguardante il fenomeno dei "rapimenti" umani da parte di presunti UFO) conducesse inevitabilmente a parlare proprio di... "spirito" e di "dimensioni non materiali".
Dopo aver raccolto e studiato quasi cento casi di "rapimenti" ad opera di presunti alieni ed aver effettuato centinaia di ore di colloqui e di terapie, il dottor Mack non ha potuto sottrarsi alla conclusione che non è possibile liquidare tutti quei racconti come allucinazioni e fantasie ma che si deve considerarli, in buona parte,
come l'evidenza emergente di qualche reale, drammatica esperienza.
Ciò che gli ufologi hanno chiamato "rapimento", dunque, potrebbe condurre (e ve ne sono motivi più che convincenti) ad una visione completamente diversa dell'"universo globale" di quella che emerge dai classici schemi "uomo-astronave-paura", oppure "uomo-patologia psicologica-sfogo inconscio".
Ne è un segnale indicativo il fatto che le esperienze di rapimento conducono con sé quasi sempre una contemporanea quanto sconvolgente "apertura di coscienza" da parte dei rapiti, ovvero qualcosa che include gradi di consapevolezza profonda su quanto l'uomo ordinario non è più abituato, da molto tempo, a riflettere. Il "rapimento", perciò, non si limiterebbe ad essere un'esperienza di trauma e di paura che l'inconscio rimuove ma potrebbe essere definito una sorta di tentativo, da parte di "emissari" di altre dimensioni o di civiltà galattiche, molto più progredite spiritualmente di noi, di farci recuperare determinate consapevolezze. Tanto è vero che il dottor Mack afferma: "le esperienze di rapimento spesso aprono la coscienza dei rapiti quando lavoro con loro sui cicli della vita e della morte, che sono ricordi delle realtà transazionali tibetane o 'bardos' (Sogyal Rinpoche, 1992). Ciò è dimostrato nelle esperienze di vite precedenti che emergono sempre di più nelle sedute."

A questo punto, ci troviamo, quasi inevitabilmente, a sconfinare nel campo metafisico che tanto spaventa uomini "razionali" ed incatenati alla loro visione materialistica dell'esistenza. Eppure, sono convinto che siccome nulla, nell'universo è una realtà a sé stante, scollegata da altre forme di manifestazione esistenti, anche questa implicazione metafisica sul ciclo delle esistenze sia come un "passaggio", una "tappa" o, se si preferisce, un tassello nel grande quadro della conoscenza, un quadro di cui il fenomeno dei "rapimenti alieni" potrebbe essere parte fondamentale.
Mi rendo conto che, a questo punto, c'è il rischio di sconfinare troppo nell'incerto, nel non scientifico, nel new-age... Ma finché concepiamo la scienza solo come un insieme di pratiche e parametri interpretativi del mondo fenomenico rigidamente delimitate da una visione meccanicistica della vita, rischiamo seriamente di trovarci enormemente indietro nel processo evolutivo della nostra specie e questo lo dico dal punto di vista della coscienza e della conoscenza. Il problema, piuttosto, sta nel rimanere saldamente ancorati a dati rilevabili attraverso osservazioni, sperimentazioni e verifiche effettuate sui soggetti "rapiti" da parte di uomini culturalmente aperti nonché scientificamente strutturati nel loro procedere. In altre parole, evitare le improvvisazioni, gli sperimentatori "della domenica" e fare in modo che l'arrogante esthablishment scientifico permetta a studiosi "coraggiosi" come Mack di proseguire il loro lavoro senza "tagliar loro le gambe" nei mille modi sperimentati in passato sulla loro pelle, da tutti quegli scienziati che hanno voluto seguire vie non ammesse dall'ortodossia.

Interessante, a questo proposito, citare quest'altro passaggio del dottor Mack, laddove parla dello stridere fra la concezione materialistica tuttora dominante nella scienza occidentale e gli interessanti risultati che egli (ma non solo) ha ottenuto dal suo lavoro sperimentale con i rapiti:
"Le esperienze raccontate dai rapiti con i quali ho lavorato negli ultimi quattro anni, costituiscono, credo, una ricca quantità di prove a sostegno dell'idea che il cosmo, lungi dall'essere privo di significato e intelligenza, è, per citare Tarnas ancora una volta, 'guidato da qualche tipo di intelligenza universale', un'intelligenza 'dotata di un potere difficilmente immaginabile, di una complessità, di una sottigliezza estetica della quale pure fa parte l'intelligenza umana e alla quale essa può partecipare'".

Come Mack ed altri studiosi, a questo punto, mi domando: "dove si trova il punto di raccordo fra determinate fenomenologie di carattere ufologico e la manifestazione della suddetta, grande, intelligenza universale?".
Ma è importante che io precisi anche che, secondo questo andamento speculativo, una supponibile "Intelligenza Suprema Universale" potrebbe avere suoi "ambasciatori" a vari livelli e dimensioni. Nel nostro universo materiale, o fisico, insomma, anche civiltà planetarie di lontane galassie o sistemi stellari potrebbero benissimo aver acquisito gradi di consapevolezza ed evoluzione tali da renderli difficilmente distinguibili da sorta di "angeli". È per questo che io credo in una grande complessità di questi "emissari", sia dal punto di vista di un'ufologia tradizionale (pianeti d'origine, "astronavi", viaggi spaziali, ecc...) che di un'ufologia parafisica poiché le cose potrebbero benissimo coesistere e, anzi, gli extraterrestri della prima "categoria", quella dell'universo fisico in cui siamo inseriti noi stessi, in quanto ad un livello evolutivo molto più avanzato del nostro, potrebbero conoscere molto meglio le varie forme di realtà "parallele" o
di "consapevolezze metafisiche" che appartengono a diversi piani di esistenza.
È un linguaggio, quello che sto parlando, su cui mi rendo conto esiste la pesantissima ipoteca del nostro sistema razionale cartesiano terrestre. Ma se il prezzo per cercare di raggiungere, con ripetuti "balzi" del pensiero, l'albero della conoscenza è quello di essere relegati nel novero degli speculatori, credo che ci si possa rassegnare, ancora per un po' a restarci: non credo che sia un'istanza primaria quella di difendere la propria attendibilità ed "onorabilità" scientifica. Almeno non per me e per altri ricercatori indipendenti che, nel sistema scientifico, non ci sono nemmeno mai entrati.

Ecco che Mack, allora, conclude:
"Gli alieni sono arrivati ai rapiti da una fonte che rimane per noi sconosciuta. Ancora non riusciamo a comprendere completamente i loro fini ed i loro metodi. Sembra chiaro tuttavia che 'essi' sono stati costretti a venire da 'noi', ad apparire in forma fisica in modo che possiamo conoscerli. Alcuni hanno pensato che gli alieni abbiano imparato a viaggiare nel tempo e possano essere venuti da noi dal futuro. A volte essi stessi comunicano che potrebbe essere così. Non lo sappiamo. Ma il mito rigenerativo del fenomeno dei rapimenti ci offre la possibilità di un nuovo corso della storia per un mondo che è sopravvissuto a molti olocausti ma che può ancora evitare un cataclisma finale. Il fenomeno dei rapimenti, sembra chiaro, riguarda quello che 'deve ancora venire'. Offre, quasi letteralmente, visioni alternative del futuro, ma lascia a noi la scelta."

Viviamo tempi in cui l'incertezza del domani non è più retorica ma tangibile realtà, aleggiante purtroppo nei nostri spiriti, nel modo di parlare, nel come ci rapportiamo ai nostri cari. Accadono eventi, spesso tragici, che ci sembrano voler presagire quel "cataclisma finale" che la disperazione dell'aver perduto la nostra vera "ragione d'esistere" ci porta quasi a desiderare, ad agognare come salvifica liberazione. Ma è una "difesa", un moto di ribellione del nostro spirito che ha perduto i contatti con le vere energie e le vere essenze degli universi manifesti. Nulla di più facile che il fenomeno UFO, e le sue varie, probabili matrici, sia la manifestazione di quei mondi che, da noi allontanati, non potranno mai essere distrutti o ignorati perché, inevitabilmente, reclameranno il loro giusto posto nel grande caleidoscopio della vita di cui anche noi siamo parte.
Non atterreranno, con ogni probabilità, sul prato della Casa Bianca. "Loro" vogliono semplicemente dirci che stiamo vivendo un momento importante della nostra storia e che è giunto il delicato ma fondamentale momento che cambiamo la nostra concezione basilare dell'universo poiché quello che ci è stato insegnato a credere reale, quello a cui abbiamo aperto gli occhi fisici uscendo dal corpo di nostra madre, non è altro che una "realtà locale" di cui essi non fanno parte ma la cui evidente esistenza costituisce la prova migliore del loro messaggio...

in apertura: John E. Mack, foto di Stuart Conway

di Antonio Bruno
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