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15 marzo 2016

"VISITATORI DA ALTRI MONDI" - PABLO AYO ESPANDE LA VISIONE DEL FENOMENO ABDUCTION - PREFAZIONE DI MAURIZIO BAIATA

PABLO AYO: VISITATORI DA ALTRI MONDI

- Casi, Testimonianze e Studi sugli INCONTRI RAVVICINATI DEL QUARTO TIPO
Armenia Editore 2016

“Mai Smettere di Cercare” – Prefazione di Maurizio Baiata

Dotato degli strumenti utili per approcciare una materia vasta e difficile che si attanaglia all’inconscio e fatica ad emergere proprio perché appartiene e deriva dalle zone d’ombra del nostro piano di esistenza, Ayo racconta una storia molto diversa da quella che sinora ci era stata raccontata.
A 64 anni, Travis Walton resta l’addotto più famoso del mondo, nessuno ha potuto eguagliare la qualità e la quantità di prove scaturite dalla sua vicenda di “Contatto”, iniziata la sera del 5 Novembre 1975 sulle White Mountains, in Arizona e protrattasi per cinque giorni, sino al rilascio avvenuto nei pressi della sua abitazione a Snowflake. Cosa gli accadde in quelle circostanze, che ancora oggi ricorda solo in parte? Alcune risposte alle domande ovvie che tutti si pongono, pensandoci su, ci sono. È certo che i suoi sei compagni di lavoro, giovani taglialegna della zona, mentre gli scongiuravano di non farlo, lo videro come in trance spingersi sin quasi sotto quell’accecante macchinario sospeso a una decina di metri dal suolo. Un raggio potentissimo lo investì in pieno e lo fece sobbalzare in alto e precipitare in basso come una marionetta senza fili. Questo dissero agli inquirenti. E fuggirono. Erano terrorizzati e inermi. Li accusarono di omicidio e di occultamento di cadavere. Accettarono – tutti tranne uno – di sottoporsi al “lie detector”, passato senza alcun riscontro negativo e le loro versioni sono rimaste sempre uguali, mantenute metodicamente per tutti questi anni.

Se non c’è sostanza da un punto di vista d’indagine e di evidenze testimoniali in un caso come quello di Walton, cos’altro dovremmo pretendere come prova di un episodio di “Abduction”? Altrettanto certo è che di Travis per cinque giorni si perse ogni traccia. Le ricerche a tappeto condotte nella zona non diedero risultati nonostante fosse impiegato ogni mezzo disponibile. Per lui, però erano passate poche ore. “Missing Time” lo definiscono, vuoto temporale, tempo mancante. Minuti, ore, o giorni trascorsi altrove, in un’altra realtà, dove lo spazio-tempo va diversamente. Nel caso di Travis, sembra, all’interno di uno scafo alieno, in cui ebbe a che fare con esseri sia totalmente diversi da noi, i cosiddetti Grigi, sia identici all’uomo.

E il lato psicologico, lo stress post traumatico, il drammatico accavallarsi di pensieri e interrogativi che negli anni non lo hanno mai abbandonato. Possiamo solo immaginare la sofferenza interiore di quest’uomo. Anche per questo Travis è divenuto un simbolo per le decine di migliaia di “addotti”, o meglio “experiencers”, nell’accezione coniata da John Mack. Il loro faro. Molti, la maggioranza, come spiega compiutamente Pablo Ayo in questo suo splendido libro, preferiscono non esporsi, mantenere il silenzio a lungo, alcuni per sempre. Non vogliono fare la fine del capro espiatorio per gli altri. Sbagliano, sottolinea giustamente l’Autore, ma va da sé che elaborare il vissuto di una tale esperienza implica una “discesa nel Maelstrom” (E.A. Poe) del proprio io interiore, fare i conti con i mostri sogghignanti dell’inconscio, con le apparizioni diafane di esseri incorporei che vorremmo relegare in altrove inesistenti e che invece si sono manifestati accanto a noi, fisici, presenti, attivi e concreti, e capaci di cose impossibili.

Ayo intende accompagnarci, questo appare l’incipit del suo lavoro, nei meandri di territori che sono stati esplorati da pionieri ai quali tutti rende omaggio riportandone il pensiero, l’approccio metodologico di ricerca e di indagine e i risultati da loro raggiunti. Ma fa di più, si pone al fianco delle persone, sia di quelle che non hanno tenuto per sé il segreto di vicende impossibili da dimenticare, sia di quelle che non lo hanno fatto e alle quali, a mio avviso, questo libro è dedicato. Come John Mack dedica “Agli experiencers, che sono stati i miei maestri” il suo “Passport to the Cosmos”, così, si coglie palpabilmente, fa Pablo Ayo, quasi fosse o lasciasse intuire di essere uno di loro, che ne sa qualcosa in più e la condivide, non solo come osservatore e studioso del fenomeno – la qual cosa è da oltre un ventennio – ma come persona che per trovare le risposte deve compiere un percorso conoscitivo introspettivo, doloroso, magmatico, illuminante alla fine del tunnel. Dotato degli strumenti utili per approcciare una materia vasta e difficile che si attanaglia all’inconscio e fatica ad emergere proprio perché appartiene e deriva dalle zone d’ombra del nostro piano di esistenza, Ayo racconta una storia molto diversa da quella che sinora ci era stata raccontata.

In primis, il fenomeno delle abductions esiste sin dall’alba della cosiddetta “moderna Ufologia”, ovvero dalla seconda metà degli anni 40. Ne ha fatto parte. Non ne è stato un mero corollario e non deve e non può essere visto e interpretato separatamente dal “Contattismo”. Tutta la storia, fra luci e ombre, va avanti compatta. Per fare un esempio eclatante: un Joseph Allen Hynek che da astronomo scettico si occupò seriamente di UFO e si convinse della loro esistenza in quanto “macchine non terrestri”, forse non sapeva dell’esistenza degli ET in interazione, o anche in interferenza con noi? Certo che lo sapeva. Fu lui a trattare, con il dottor James Harder, i casi dei pescatori Hickson e Parker a Pascagoula e quello di Travis Walton a Snowflake. Se l’approccio di Harder, direttore dell’APRO (Aerial Phenomena Research Organization) da 1969 al 1982 includeva la regressione ipnotica sugli addotti e contemplava idee quali quella di visitatori positivi che comunicavano con gli umani telepaticamente e facevano parte di una “Federazione Galattica”, di Hynek si sa che negli ultimi anni la sua mente era andata anche oltre, sul versante del channeling, dopo aver visto e toccato con mano la consistenza degli eventi da lui studiati.

In un “mare magnum” in cui sarebbe molto facile sperdersi e annegare, Ayo riversa quindi i contenuti di questo saggio a ondate ben definite di informazioni capillari e mai asettiche, o frutto di enumerazioni statistiche, facendo entrare il Lettore in uno scenario di cui spesso, con assoluta franchezza, ammette l’apparente assurdità. Come quando dice: «Un’altra teoria, formulata da me e quindi sicuramente folle, è che forse alcuni alieni non sono più vivi. Dato che spesso queste entità non umane fanno riferimento a una catastrofe che ha cancellato per sempre la loro civiltà, e che i messaggi trasmessi ai contattati e agli addotti sono spesso spirituali o telepatici, viene quasi da pensare che potremmo trovarci di fronte a dei “fantasmi” di esseri alieni, che ci contattano in modo da avere di nuovo una “porta” aperta sul mondo materiale».

O ancora: «…l’esperienza di contatto con le “entità non umane”, nel suo essere espressa pubblicamente, diviene spesso una catarsi, una trasformazione mentale, spirituale e anche fisica. Cambia il punto di vista di una persona non solo sul proprio mondo interiore e spirituale, ma anche su quello fisico e materiale, che viene distorto, compresso e allungato fino a diventare altro. Il nostro continuum quotidiano, composto da piccole abitudini e sicurezze, viene travolto e spazzato via da uno tsunami di emozioni difficilmente descrivibili. Quello che rimane dopo che l’onda è passata, è una nuova persona, diversa. Più forte, più triste o forse più felice, ma vera e libera. Un extraterrestre, agli occhi degli altri».

Fra le ipotesi più avanzate sulla natura dei nostri visitatori, Ayo ne ricorda una di Whitley Strieber: «Sono un aspetto sconosciuto dell’evoluzione umana. Forse noi siamo delle forme larvali, e i visitatori sono invece la versione completa e matura di un essere umano».

Dopo essersi soffermato nella parte centrale di questo suo lavoro sugli aspetti peculiari che – anziché dividerci e contrapporci – ci accomunano ai Visitatori, siano essi EBE o di tipo umano, o umanoide, Pablo propone un’idea nuova e affascinante, questa: «… Una delle teorie più interessanti sul perché gli alieni siano qui si baserebbe proprio sul principio di interazione tra esseri viventi e pianeta. Gli uni senza gli altri non possono esistere. Per esistere non si intende solo la mera vita materiale, ma anche quella spirituale. Tra le incredibili rivelazioni che molti alieni avrebbero fatto ai rapiti ci sarebbe quella secondo cui esisterebbe la reincarnazione, e che a rendere possibile la nascita fisica e la rinascita spirituale delle persone sarebbe proprio il nucleo elettromagnetico dei pianeti viventi. Questa sorta di “cuore” energetico della Madre Terra, o Gaia, è descritto dalle persone che hanno vissuto le esperienze di “morte temporanea” come “una luce bianca e brillante alla fine di un tunnel”. In parole povere, sarebbe proprio lo spirito del pianeta a permettere agli esseri che la abitano di essere fecondi e di riprodursi, e alle anime di reincarnarsi».

Se un mistero reale si cela dietro il disagio dell’idea di essere addotti, quel mistero non è il perché queste esperienze accadono. Il mistero è la ricerca della risposta dentro di sé dopo aver capito o almeno cercato di capire chi si è realmente. L’australiana Mary Rodwell ha scritto: «Ciò che tutti gli Incontri hanno in comune è che la loro interazione diviene trasformazione. La sfida alle loro credenze consolidate, attraverso questi Incontri funge da catalizzatore e scatena la consapevolezza di una realtà multidimensionale, che cambia per sempre la loro vita e la loro percezione della realtà».

Alla Rodwell, a Mack, a Strieber, solo per citare tre nomi fra quelli che ci hanno chiaramente detto che non è possibile affrontare la questione Abduction/Esperienze di Contatto ricorrendo solo all’impostazione pragmatica e meccanicistica della “ratio” occidentale, ma secondo una visione allargata che fonda la Spiritualità con la Conoscenza, ora si aggiunge Pablo Ayo. E questo suo “Visitatori da Altri Mondi” è il primo libro italiano che ci dice di non smettere mai di cercare e ci indica la strada per guardare a noi stessi e agli alieni come insieme appartenenti ad un Nuovo Mondo.


Maurizio Baiata, Marzo 2016

fonte: mauriziobaiata.net/2016/03/14/3177/

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